La magrezza perduta Ottavio Bosello – Dipartimento di Medicina – Università di Verona
Premesse. Una delle più importanti conquiste del XX° secolo è lo straordinario guadagno di circa 30 anni di aspettativa di vita che si è configurato nei paesi del mondo occidentale e anche in quelli in via di sviluppo. Secondo la Human Mortality Database (Department of Demography at the University of California, Berkeley, USA, and the Max Planck Institute for Demographic Research in Rostock, Germany), i livelli di mortalità nei paesi leader per aspettativa di vita implicano che, se le condizioni generali rimarranno immutate, tre quarti dei bambini attuali potranno festeggiare il loro 75° compleanno. La maggior parte dei nati dopo il 2000, residenti nei paesi caratterizzati da lunga durata della vita, potranno festeggiare il loro 100° compleanno se l'attuale crescita annuale della speranza di vita continuerà per tutto il XXI° secolo.
I dubbi Osservando con attenzione l’andamento dell’aspettativa di vita alla nascita degli ultimi 20 anni, si può concludere che il relativo aumento ha decelerato cospicuamente e che i guadagni di aspettativa di vita nelle età più avanzate sono molto minori di quanto lo fossero nelle decadi precedenti (A). Da alcuni anni gli USA registrano evidente tendenza all’appiattimento della speranza di vita (1): tra il 2007 e 2008, si è configurata una pur lieve ma significativa flessione (2). Nel contempo, è letteralmente esplosa una “epidemia” di obesità (3,4,5), in tutto il mondo industrializzato e, forse in modo ancor più drammatico, anche nei paesi emergenti (6).
Come leggere il fenomeno Aumento della longevità e aumento del peso medio della popolazione, si sono manifestati paralleli perchè ambedue sono conseguenza del progresso scientifico e socioeconomico. I minori rischi ambientali di mortalità per il miglioramento degli interventi igienici, la riduzione della fatica lavorativa, i progressi della medicina e, forse soprattutto, le più ampie disponibilità alimentari hanno fortemente ridotto la mortalità infantile e hanno consentito a molta parte delle popolazioni di arrivare ad età avanzate in buone condizioni generali, allungando di conseguenza l’aspettativa di vita. Gli stessi fattori che hanno consentito di ridurre il rischio di morbilità per malattie acute, specie infettive, hanno indotto anche uno stile di vita meno logorante, meno faticoso, che associato alla possibilità di accesso ad alimenti poco costosi ha ingenerato un progressivo aumento del peso medio di molte popolazioni. L’esplosione epidemica dell’obesità ha, oramai, invaso la scena sociale e sanitaria: il suo “peso” morboso ha preso il sopravvento ed ha infranto l’illusione dell’immortalità. Se la diffusione dell’eccesso di peso ha assunto caratteristiche definite “drammatiche”, quello che maggiormente sconcerta e preoccupa è la sua progressiva incidenza e le relative ipotesi prospettiche. Nell’Australia Occidentale l’obesità ha superato il fumo come primo fattore di rischio per la salute. Entro qualche decennio tutti gli Americani adulti saranno in eccesso di peso (7); circa la metà di donne afro-americane sono attualmente obese e si prevede che raggiungeranno la totalità nel 2034 (4). Nei bambini, l’obesità raddoppierà nel 2030. Come si è detto, l’obesità, inoltre, non è più prerogativa dei paesi più ricchi, ma sta aumentando velocemente anche in quelli in via di sviluppo. La realtà riserva importanti sorprese: prendendo a prestito una suggestiva immagine si deve riconoscere che “guardando fuori dalla finestra, si può vedere un minaccioso temporale - l'obesità - che, se non è affrontata, ha un effetto negativo sulla speranza di vita” (1). Vi sono, infatti, condivise evidenze che l’obesità si associa ad aumento della morbilità, a maggiore rischio di disabilità e a peggioramento della qualità di vita: i soggetti obesi hanno una durata della vita minore di circa dieci anni, rispetto a quelli normopeso (8). Nella malaugurata ipotesi che questa tendenza venga confermata, l’umanità vedrà, per la prima volta nella sua storia, che le prossime generazioni si caratterizzeranno per una aspettativa di vita minore delle precedenti. Di forte impatto sociale è l’intervento di David Satcher, 16th Surgeon General of the United States, che nel suo report 2011 (9) ha chiamato all’azione l’America contro l'epidemia di obesità. In accordo con quanto segnalato dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta-USA (CDC, 10), egli stima che l'obesità uccida oltre 110.000 americani all'anno. Egli ricorda che l’obesità costa ai datori di lavoro USA oltre 70 miliardi dollari in perdita di produttività. Gli Stati Uniti spendono più di 300 miliardi di dollari all'anno per curare le patologie legate all’eccesso di peso. E’ stato calcolato che i costi per la salute legati all’obesità duplicheranno ogni decade, sino a raggiungere i 1000 miliardi di dollari nel 2030. I sistemi assistenziali sanitari americani, Medicare e Medicaid, non rimborsano più la chirurgia bariatrica, se non dopo attenta valutazione e riflessione. Il Surgeon General ammonisce che i costi dell'assistenza sanitaria sono già troppo elevati: continuando a crescere diventeranno insostenibili. Si potrà obiettare che gli Stati Uniti sono un mondo particolare e non può essere preso come paradigmatico. Questo, oramai non è più vero: la globalizzazione sta investendo indiscriminatamente ogni terra e paese. Si consideri il problema dell’obesità infantile, che sta letteralmente travolgendo la maggior parte del mondo (11), anche se, paradossalmente, vi sono ancora regioni dove i bambini muoiono di fame. L’Italia, tra l’altro, ha il triste primato di essere uno dei paesi a maggior prevalenza di soprappeso e obesità infantile: circa il 35%. Il primato è condiviso con USA, Messico e UK. Il CDC ha calcolato che dal 1980, la prevalenza di obesità infantile è triplicata e che raddoppierà ulteriormente entro il 2030 (12). Non richiede grande fantasia immaginare quale sarà il futuro di questi bambini: diventeranno adulti obesi, a cui si aggiungeranno le schiere di coloro che diventeranno obesi da adulti....